Giacarta: la città che sprofonda a causa del fenomeno geologico della subsidenza
Giacarta, capitale dell’Indonesia, è una megalopoli da quasi 12 milioni di abitanti ubicata nella costa antistante il mar di Giava, sorge a nord-est dell’omonima isola e… affonda!

Il suolo su cui è costruita è soggetto al fenomeno geologico della subsidenza (o sussidenza), lo stesso che minaccia Venezia. Tuttavia, se poniamo a confronto le due situazioni, la differenza è abissale: il livello di Venezia scende di pochi millimetri all’anno, lo sprofondamento annuale di Giacarta può arrivare a 15 cm.
La subsidenza è un evento naturale ma qui viene amplificato dalle trivellazioni necessarie per il prelievo delle risorse idriche immense di cui la città necessita; e accade a una velocità incredibile. Al di sotto della città, prima di trovare il substrato solido e forte (la roccia), vi sono 500 metri di terreno sabbioso-argilloso, i cui strati si compattano man mano che l’acqua viene utilizzata e pompata, provocando l’abbassamento e la diminuzione dello spessore del terreno. I terreni argillosi, composti da argilla per il 40%, quando piove si gonfiano e assorbono acqua, mentre si riducono e si compattano quando l’acqua evapora o, come in questo caso, viene prelevata. Il fenomeno va di pari passo con l’espansione della città, tanto che negli ultimi 10 anni c’è stato un abbassamento del livello del suolo di ben 2,5 metri sotto il livello del mare nella zona più colpita, la parte nord.
Nonostante venga utilizzata un’enorme quantità d’acqua, gran parte della popolazione nella capitale indonesiana non riesce ad accedere a questa risorsa e viene coperto solo il 40 % del fabbisogno. Ingegneri e geologi non sono riusciti a trovare una soluzione valida per tenere ‘a galla’ la città: l’idea di creare una laguna per controllare artificialmente il livello dell’acqua sembra possa donarle solo altri 30 anni di vita. Giacarta è destinata a sprofondare completamente intorno al 2050 e l’unica soluzione plausibile sembra essere quella di costruire un’altra capitale. Con un investimento di 32 miliardi di dollari, il governo indonesiano sta costruendo Nusantara, 1200 km più a nord. Sorgerà in un’altra isola dell’arcipelago: il Borneo, una delle zone più incontaminate del pianeta, sede di foreste pluvialiche ospitano specie in via d’estinzione (come l’orango del Borneo, l’elefante pigmeo, il tarsio, il lori lento, l’orso del sole e il leopardo nebuloso) e habitat ricco di biodiversità. La nuova capitale, attiva a partire dal 2024, promette di essere una città smart, piena di tecnologia e intelligenza artificiale, ma sarà situata nel bel mezzo della giungla indonesiana e una buona fetta di verde verrà persa per sempre: probabilmente un presupposto non proprio adatto per definirla sostenibile, a meno che non si trasformi veramente in una città a emissioni zero.
Da una parte, Nusantara offrirà, climaticamente parlando, più sicurezza e stabilità a milioni di persone, poiché l’isola del Borneo è più protetta da cataclismi e disastri ambientali che invece flagellano altre parti dell’Indonesia. Dall’altra parte, i circa 256.000 ettari sui cui nascerà la città verranno disboscati in gran parte per farle spazio e succederà ancora una volta: l’uomo spodesterà la natura per le sue esigenze, interferendo nel modo sbagliato con l’equilibrio naturale e con la vita degli animali, causando l’allungamento della lista delle specie in via d’estinzione e per via dello sprofondamento di Giacarta, quella dei siti oceanici inquinati.
Articolo a cura di: Mariangela Pirari