Formazione del Governo: tra Costituzione e prassi
Nel 2021 non si può essere impreparati circa la formazione del Governo e, di certo, non si può continuare a credere che siamo noi a votare il Presidente del Consiglio. Le orecchie di uno studente di Giurisprudenza di primo anno non riuscirebbero a sopportare la frase: “ecco qua l’ennesimo Governo votato da nessuno!”.

La formazione del Governo consiste in una serie di atti, che comincia ogni qualvolta un Governo presenta le dimissioni al Presidente della Repubblica, aprendo così una crisi di Governo. Chiaramente, è necessario nominarne (non eleggere) uno nuovo.
La nostra Costituzione, nostro malgrado, non è esaustiva circa il procedimento di formazione di un nuovo Governo, perché si limita a prevedere che “il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio e, su proposta di questo, i ministri” ( art. 92, II comma). Pertanto, l’unica certezza è che il Presidente del Consiglio viene nominato dal Presidente della Repubblica.
Essendo eccessivamente ermetico il dettato costituzionale, nel corso dei primi anni repubblicani si sono via via formate norme non scritte, definite convenzioni costituzionali, per regolare il procedimento di formazione dell’esecutivo.
Il procedimento di nomina dell’esecutivo inizia con le consultazioni svolte dal Presidente della Repubblica, il quale ha l’onere di ascoltare personalità politiche di rilievo come leader di partito, capigruppo parlamentari et similia. La prassi ha ultimamente portato, per ragioni di economia, il Presidente della Repubblica a consultare soltanto alcune personalità come Presidenti delle Camere, segretari di partito ed ex Presidente della Repubblica. Come accaduto di recente, il Presidente Mattarella ha consultato, una volta aperta la crisi, Napolitano, Casellati, Fico ed i leader dei partiti più influenti.
Successivamente, il Presidente della Repubblica affida l’incarico di Governo alla persona che probabilmente otterrà una maggioranza parlamentare e quindi il voto di fiducia da parte delle due Camere. Tuttavia, potrebbe anche succedere (come accaduto di recente nei confronti di Fico) che il Capo dello Stato affidi ad una personalità il mandato esplorativo. Ciò avviene quando la situazione è particolarmente difficile ed è molto complicata la formazione di un nuovo Governo. Difatti, con tale mandato, la personalità designata ha l’onere di svolgere consultazioni più ristrette per avere una visione più diretta e saggiare la disponibilità delle forze politiche alla formazione del nuovo esecutivo.
Diverso dal mandato esplorativo è il preincarico, che si ha quando il Presidente della Repubblica affida alla personalità che, molto probabilmente, riuscirà a formare il Governo, l’onere di svolgere altre consultazioni per definire la praticabilità del Governo.
L’incaricato di solito accetta con riserva l’incarico conferitogli ed inizia un nuovo ed ulteriore giro di consultazioni utili a capire se esiste una maggioranza tale da formare un programma politico concorde. Inoltre, tali consultazioni ulteriori servono per formare la lista dei ministri. Nel caso in cui non riesca a formare il Governo, scioglierà la riserva e rinuncerà all’incarico. Nell’opposto caso, invece, l’incaricato si dichiarerà pronto a presiedere il Governo indicando al Presidente della Repubblica i ministri.
Con la nomina del Presidente del Consiglio e dei ministri, effettuata con decreto del Presidente della Repubblica, si conclude questa procedura. L’ultimo adempimento formale consisterà poi nel giuramento.
Dopo dieci giorni dal giuramento, il Governo si presenterà alle camere per chiedere il voto di fiducia sul programma di Governo. Accordata la fiducia, l’esecutivo potrà iniziare a svolgere la sua funzione di indirizzo politico sempre sotto l’occhio del Parlamento.
Articolo a cura di: Andrea Battaglia