Filippo II e l’ascesa dell’egemonia macedone
Tracciare una storia del regno di Filippo II appare molto complesso poiché la sua figura tende “naturalmente” ad essere posta in ombra dal suo successore (e, secondo alcune fonti, mandante del suo assassinio, accanto alla madre Olimpiade) Alessandro Magno. Obliare Filippo II è però un grave errore, in quanto fu uno tra i più grandi strateghi militari di tutti i tempi. Non solo infatti ebbe il merito di dare inizio all’egemonia macedone in Grecia, ma anche di porre le fertili radici che permetteranno al figlio Alessandro di dare vita ad una spedizione militare senza precedenti, che lo condurrà fino al bacino idrico dell’Indo.

Il regno di Filippo II ebbe inizio nel 360 a.C. sotto i più cattivi auspici. La Macedonia era circondata da nemici che ritenevano il regno prossimo ad un ineluttabile crollo. Tra questi vi erano Illiri, Traci, Peoni e soprattutto gli Ateniesi. Il nuovo re seppe però volgere la drammatica situazione a suo vantaggio ribaltandone lo sviluppo in pochi anni. Plutarco, a tal proposito, ci narra che il futuro Filippo II fu ostaggio da giovane di Pelopida, leader politico della Beozia, durante l’egemonia tebana. Fu forse qui che il futuro re ebbe modo di constatare le debolezze del proprio regno e notare l’indiscutibile prodezza e strategia bellica su modello tebano, che gli consentiranno, una volta divenuto sovrano, di elaborare una riforma militare senza precedenti. Filippo II creò una cosiddetta falange macedone, evoluzione della tipica falange oplitica delle poleis greche. Polibio ci racconta che i fanti erano stati dotati di scudi più piccoli e leggeri da appendere al collo, possedevano una lancia, detta sarissa, lunga tra i 4.5 e i 6 metri, che doveva essere impugnata con entrambe le mani. La falange si schierava in 16 file nelle quali le prime 5 puntavano il nemico e le rimanenti 11 tenevano sollevata la lancia cambiandone direzione se necessario, garantendo la massima onda d’urto frontale. Il re fece anche un ingegnoso uso della cavalleria tradizionale, la quale aveva il compito di operare azioni di disturbo volte ad orientare il nemico verso la falange e a sfondare le linee nemiche. Si dotò inoltre delle prime catapulte, inventate all’inizio del IV secolo in Sicilia (è proprio così!) da Dionigi I, tiranno di Siracusa.
Rispetto alla politica estera, Filippo diede adito ad una complessa strategia matrimoniale garantendosi la pace degli Illiri e ricoprendo di doni Traci e Peoni. Trasse in inganno Atene (che nel frattempo stanziava nell’Egeo settentrionale con una consistente forza navale) rinunciando ad ogni pretesa sulla città strategica di Anfipoli. Questo diede tempo a Filippo II di perfezionare la sua rinnovata falange oplitica e nel 359/58 a.C. di dare inizio ad una sorprendente politica estera aggressiva. Sconfisse Peoni e Illiri ampliando il suo territorio e garantendosi importanti risorse (soprattutto miniere d’argento). Disattese poi la pace con Atene conquistando Anfipoli, Pidna, Potidea e Metone con abili strategie e inganni. L’assedio di Metone costò letteralmente un occhio a Filippo, che restò mutilato fino alla sua morte.
Gli anni della svolta si collocarono tra il 353 e il 346 a.C. Grazie all’inizio della terza guerra sacra entrò in Tessaglia conquistando il porto di Pagase e schierandosi contro i Focesi di Onomarco. Dopo che il generale Faillo, fratello di Onomarco, venne sconfitto e rimandato oltre le Termopili, Onomarco stesso intervenne nel 353 a.C. ottenendo la prima (e unica) sconfitta di Filippo. Polieno ci racconta che la falange macedone venne attirata con l’inganno tra due crinali in cui erano state celate delle catapulte che distrussero l’esercito di Filippo e lo costrinsero alla ritirata. Onomarco però pagò cara questa vittoria. Nel 352 a.C. il re macedone scese nuovamente in Grecia sconfiggendo i focesi nella celebre Battaglia dei campi di Croco. Onomarco venne crocifisso vivo e i suoi alleati gettati in mare. Filippo divenne dux dei Tebani e dei Tessali.
Gli anni che seguirono furono anni complessi e caratterizzati da eventi rilevanti come la distruzione della città di Olinto, accusata di tradimento da Filippo. Pare che fu proprio la distruzione della città a far comprendere agli ateniesi la necessità di un intervento volitivo contro il re macedone. Lo scontro risolutivo si svolse nel 338 a.C. con la celebre Battaglia di Cheronea che vide la vittoria macedone, anche grazie al giovane figlio di Filippo, il futuro Alessandro Magno (si dice che fu proprio lui a sfondare la linea sinistra ateniese e a garantire la vittoria). La guerra si concluse con la pace di Demade e la creazione della nuova lega panellenica, le quali saranno la base di appoggio per le imprese di Alessandro.
Sulla morte di Filippo II ci sono ancora molte ombre. Sembrerebbe che dietro alla sua dipartita si celi lo spettro dell’eredità al trono a cui ambiva Alessandro, minata dalla nuova moglie del sovrano Cleopatra e dal suo possibile figlio. Al di là di questo, moriva uno tra i più grandi regnanti, capace di cambiare, in pochi anni, il volto della storia.
Articolo a cura di: Paolo Fisichella
Si ringrazia per l’elaborazione del testo (e si consiglia per approfondimenti): Landucci Gattinoni Franca, Filippo re dei Macedoni, il Mulino, Bologna, 2012