Fight club – Il consumismo come cancro della società
Aggiornamento: 1 dic 2021
Fight club è il romanzo d’esordio di Chuck Palahniuk, scrittore statunitense figlio di immigrati ucraini, noto per il suo stile crudo e grottesco molto vicino alla narrativa pulp. Inizialmente il romanzo ebbe uno scarso successo commerciale, ma dopo tre anni dalla sua pubblicazione, nel 1996, il regista David Fincher ne trasse un film omonimo che divenne un vero e proprio cult, e anche il libro riacquistò una nuova popolarità.

Il protagonista di Fight club (di cui non viene mai citato il nome) è un impiegato nel ramo assicurativo, sfiduciato, depresso e tormentato dall'insonnia. L’unica cosa che gli dà sollievo è frequentare i gruppi di autoaiuto dei malati terminali. Nonostante non soffra di alcuna patologia e dunque sia in un certo senso un impostore, ascolta le storie delle persone che stanno per morire. Mentre piange con loro, si sente liberato da un peso e riesce finalmente a dormire.
La sua quotidianità cambia bruscamente quando incontra Tyler Durden, un bizzarro produttore e venditore di saponette con una chiara filosofia di vita: tutte le persone sono solamente consumatori, che credono di essere rappresentate dai propri vestiti costosi, dai propri conti in banca, da un bell’arredamento, ma nessuno di questi beni materiali in realtà li rende felici, perché la loro vita è priva di una vera essenza.
In questo senso, Tyler è esattamente l’opposto del narratore: è aggressivo, volgare, vive in una casa decrepita e non ha molti soldi ma la cosa non lo interessa. Oltre a produrre saponette, è anche un proiezionista e un cameriere, ma non svolge questi lavori tanto per avere uno stipendio, quanto per sabotarli dall’interno (ad esempio inserendo fotogrammi pornografici nei film per bambini) come atto di ribellione verso la società
Il rapporto fra Tyler e il narratore ha inizio quando l’appartamento di quest’ultimo esplode senza nessun motivo apparente, e Tyler si offre quindi di ospitarlo a casa sua. Prima però gli chiede di picchiarlo più forte che può, e poi lo colpisce a sua volta. Nel dolore fisico, il narratore trova inaspettatamente un miglioramento della sua salute mentale, un modo per sfogare la rabbia che aveva sempre tenuto nascosta dentro di sé. È da qui che Tyler fonda il Fight Club, una società segreta dove con cadenza settimanale si tengono incontri di lotta clandestina in uno scantinato. Durante i combattimenti, a cui tutti possono partecipare, l’insoddisfatta classe media statunitense riesce per poche ore a scordare le proprie ansie quotidiane, e attraverso l’autodistruzione è pronta per rinascere.
Tu non sei i soldi che hai in banca. Non sei il tuo lavoro. Non sei la tua famiglia e non sei quello che dici di essere a te stesso. Tu non sei il tuo nome. Tu non sei i tuoi problemi. Tu non sei la tua età. Tu non sei le tue speranze. Tu non sarai salvato. Tutti noi moriremo, un giorno o l'altro.
Articolo a cura di: Maria Luisa Da Rold