Elena Lucrezia Cornaro Piscopia: prima donna laureata
Sabato 25 giugno 1678
Convocato il Sacro collegio per l’esame di filosofia dell’illustrissima Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, per la moltitudine di gente e per l’angustia del solito luogo fu necessario portarsi nella cattedrale e riconvocare il collegio nel sacello della beatissima Vergine Maria davanti agli illustrissimi ed eccellentissimi rettori della città (…). E nel predetto sacello e in pieno collegio la suddetta illustrissima Elena Lucrezia Cornaro Piscopia recitò, more nobilium, i due punti di filosofia ieri mattina assegnatele per estrazione a sorte, nella spiegazione dei quali si condusse in maniera tanto egregia ed eccellente che, concluso l’esame della nobile giovane, che rappresentò una prova rara e ammirevole, furono portate come di consueto le urne al …

Corre l’anno1678 quando, presso l’Università di Padova, viene proclamata dottoressa in filosofia Elena Lucrezia Cornaro Pisapia che passa alla storia come la prima donna laureata al mondo. Nobile di origini, figlia del procuratore di San Marco e quinta di sette figli, dimostra una propensione alla cultura piuttosto eclettica: dapprima approccia lo studio per il greco, il latino e l’ebraico, poi per lo spagnolo, il francese e l’aramaico; possiede una profonda sensibilità musicale e, spinta da una tenace e sfidante ambizione, studia dialettica e Filosofia sotto le ali di Carlo Rinaldini, professore illustre all'università di Padova e grande amico del padre.
La passione per le arti e studio, accompagnata da un’autentica vocazione religiosa, portano Elena Lucrezia, all’età di soli diciannove anni, a diventare benedettina e, benché propensa a seguire fino in fondo la regola monastica, mai si voterà alla reclusione, ritenendo invece di voler proseguire gli studi fino al raggiungimento della laurea in teologia. Non riuscirà a realizzare questo suo sogno poiché l’allora cardinale Gregorio Barbarigo si oppone fermamente alla sua richiesta. Solo il 25 giugno del 1678, per concessione del vescovo di Padova e intercessione del professor Rinaldini, che frequentando casa Cornaro si era convinto delle doti di Elena –sempre comunque incoraggiate dal padre e mai smentite dalla madre- riesce, all’età di 32 anni, in barba alla tradizione e con la discreta sfrontatezza di chi sa infrangere ogni regola, a conseguire la laurea in Filosofia. Elena discute la tesi su due tematiche filosofiche estratte a sorte: le questioni aristoteliche vengono dibattute in modo così strabiliante da meritare per acclamazione – nonostante il femminile- il titolo di magistra et doctrix in philosophia. È la prima volta nella storia di tutte le università europee che questo titolo viene assegnato ad una donna: il professor Rinaldini “si alzò prontamente e davanti a tutte le persone suddette con un’elegante ed erudita orazione lodò la nobiltà e la virtù della predetta valorosa giovane con sommo plauso degli uditori, e alla fine le cinse il capo della corona d’alloro, le porse i libri, le infilò l’anello e le coprì le spalle con un mantello di pelliccia. E il collegio fu sciolto”.
L’evento, sugellato appunto dalla consegna del libro simbolo della dottrina, dell’anello a rappresentare le nozze con la scienza, del manto di ermellino a significare il prestigio dottorale e della corona d’alloro in segno di trionfo, suscita all’epoca – come argomenta Patrizia Carraro nel suo Illuminata “molto scalpore e alcune perplessità: mai alcuna donna era stata laureata in qualsivoglia università d’Europa, dunque del mondo. In più la richiesta riguarda il dottorato in teologia, considerata materia di esclusivo appannaggio del genere maschile. E questo ha ulteriormente sorpreso i Riformatori dello Studio di Padova”.
Per molto tempo Elena Piscopia viene ammirata, in famiglia e tra gli stretti conoscenti, come un fenomeno di cui farsi vanto, in fondo una sorta di stupefacente errore della natura: un concentrato di doti intellettuali uniti ad una capacità di apprendere fuori dalla norma nonché di uno spirito sensibile e ponderato, il tutto racchiuso però in un corpo di donna. Eppure Elena non utilizzerà mai i suoi doni né si farà fregio della sua capacità nelle dissertazioni filosofiche per affermare una qualche dignità femminile o per incalzare una spinta verso un’eguaglianza di genere che ai tempi era sconosciuta in qualsivoglia ambito. Elena, insomma, non impiega la sua personalità quale consapevole strumento per infrangere secoli di tradizioni rigorosamente maschili, né intravede uno spiraglio per tentare una competizione con l’altro sesso. E tuttavia, la sua vita, la sua tenacia, i suoi fatti, rappresentano – anche per l’epoca- un timido cenno verso quei temi di uguaglianza e parità di genere con cui oggi tanto ci troviamo a dover dibattere.
Articolo a cura di: Lisa Bevilacqua