E se vi dicessi che la serie tv “The Ferragnez” non è così trash come potrebbe sembrare?
È disponibile su Prime Video dal 9 dicembre scorso la docuserie tv “The Ferragnez”, titolo che nasce dall’unione dei nomi dei due protagonisti: Chiara Ferragni e Federico Lucia, in arte Fedez. Si tratta della coppia italiana più social del momento, lei imprenditrice cremonese classe ’87 e lui noto rapper milanese classe ’89, possiedono ad oggi oltre 38 milioni di follower in due. Iniziano a conoscersi per puro caso, dopo che il ragazzo in un suo brano inserì fortuitamente, o forse no, alcuni riferimenti espliciti a Chiara, alla sua celebre cagnolina Matilda e alla sua eccentricità. Questo li conduce poco a poco dapprima al fidanzamento, poi alla nascita del loro primo figlio Leone, fino a giungere al matrimonio, l’arrivo della secondogenita Vittoria e tutto ciò che si può banalmente definire quotidianità. Per condividere tutto ciò con il loro pubblico, poco tempo fa decidono di accettare una proposta di collaborazione con la produzione cinematografica di Amazon Prime, dove è loro richiesto di mostrare la loro vita a 360 gradi, fino a mettersi a nudo verso chi si trova dall’altra parte dello schermo, con l’intento di trasmettere dei messaggi, a volte in maniera più divertente e leggera, altre volte meno.

È proprio questo infatti il primo elemento costituente della docuserie: l’autenticità. Si percepiscono migliaia di emozioni: dalle paure, i timori, le incomprensioni e i fallimenti, i sorrisi, le gioie, gli obiettivi e le soddisfazioni condivise. Se ci impegnassimo ad azzerare il numero di follower che appartiene loro e ci concentrassimo solo su ciò che spetta loro affrontare giornata dopo giornata, vedremmo due ragazzi normalissimi, che si amano e si sostengono proprio come una comunissima famiglia farebbe. Certo, forse con l’aggiunta di privilegi come un autista, dei domestici, delle cabine armadio e una casa quattro volte più grande di quella di ognuno di noi, ma con principi e valori non per questo differenti dai nostri.
In questo racconto non ci sono filtri come quelli di Instagram, non c’è una trama lineare da seguire per appassionarsi alla storia, tanto meno la finzione di quella che potrebbe essere una banale serie televisiva. A caratterizzarla ci sono solo delle persone che si sostengono nel lusso, frutto del loro lavoro, ma non per questo che decidono di trascurare chi come noi li osserva comunemente da un piano differente, trasmettendo il loro lato umano tramite le scene più svariate, divertenti ma anche riflessive, interamente derivate da ciò che è la loro realtà e mai finzione. Come afferma Zero Calcare nella sua celebre serie Netflix “Strappare lungo i bordi”, di cui magari parleremo un’altra volta, «alla fine viviamo tutti la stessa vita».
Proprio per questo, ognuno di noi ha tanto da imparare dalle vite degli altri, i racconti e le esperienze altrui sono alla base delle ispirazioni e della crescita di ogni individuo, e chi decide di condividere la propria storia per trasmettere anche solo la metà di questi sentimenti non ha che da andarne fiero. Questa storia possiede la fama di quello che oggi viene spesso definito trash, ovvero il ridicolo, ma credetemi, osservandola senza uno sguardo prevenuto vi donerà tanto, tanto di quelle emozioni umane che spesso tendiamo a reprimere per spostare l’attenzione solo sugli elementi più frivoli.
Articolo a cura di: Silvia Bulzomi