Donna non si nasce: lo si diventa
Questo il motto elaborato da Simone De Beauvoir: “On ne naît pas femme: on le devient”. Con questo motto, la filosofa nega che quello femmineo fosse un destino: se escludiamo le intuizioni dei suoi predecessori come Mary Wollestonecraft con “Rivendicazione dei diritti della donna” del 1792 o di Virginia Woolf in “Una stanza tutta per sé” del 1929, è la prima volta che una tesi così forte è formulata sulla scena del pensiero filosofico europeo.

Nel maggio 1949 in Francia per le edizioni Gallimard viene pubblicato “Le deuxième sexe”, la prima opera del pensiero femminista contemporaneo che scosse fin da subito l’opinione pubblica; nonostante ciò, del saggio della filosofa sono attualmente ristampate 2-3mila copie l’anno, cosa che ci induce a considerarlo un “long-seller” in senso nobile. La traduzione italiana arriverà solo nel 1961 per opera di Mario Andreose e Roberto Cantini, i quali lo tradurranno per “Il Saggiatore” con il titolo “Il secondo sesso”. Nel saggio la De Beauvoir esamina la donna come soggetto essenziale ridotto a inessenziale raccontandone la storia ed i fatti dal punto di vista biologico, psicanalitico e considerando anche la visione del materialismo storico:
«l’uomo rappresenta insieme il positivo e il negativo al punto che diciamo «gli uomini» per indicare gli esseri umani, il senso singolare della parola vir essendosi assimilato al senso generale della parola homo. La donna invece appare come il solo negativo, al punto che ogni determinazione le è imputata in guisa di limitazione, senza reciprocità».
Quando il saggio uscì in Francia era da poco terminata la Seconda Guerra Mondiale, la quale aveva portato numerose novità nella vita delle donne le quali, in assenza degli uomini, partiti per difendere il proprio paese, avevano assunto nei fatti fino al loro ritorno dalla guerra maggiore autonomia economica e decisionale, poiché erano le sole a guidare la famiglia e avevano anche iniziato a lavorare fuori casa. Tuttavia, nell’emancipazione della donna la borghesia conservatrice intravedeva un pericolo, perché essa era una minaccia ai danni della morale e degli interessi e, a loro volta, i proletari e lavoratori tornati dalla guerra accusavano le donne - come oggi si fa con gli extracomunitari - di rubare il lavoro. Rispetto a tutte teorie e ideologie riguardo il destino e la natura della donna che hanno preceduto questa pietra miliare del femminismo, Il “Secondo Sesso” è stato straordinario, grandissima influenza in costume europeo e resta fondamentale per la storia della donna: soltanto durante gli anni ‘70 l’opera in questione venne messa da parte e condannata, non semplicemente per il tema trattato, ma anche perché in Simone De Beauvoir si vedeva un’emancipazionista pessima che non accettava il proprio sesso e che voleva fare le stesse cose degli uomini: il libro venne inserito dal tribunale del Sant’Uffizio nell’Indice dei libri proibiti, uno degli ultimi prima della sua soppressione. Nonostante ciò, il saggio divenne rivelatorio soprattutto per le ragazze comuni e per persone con una scarsa cultura specifica poiché all’epoca di sesso, appropriazione, psicologia femminile e di storia vista in ottica femminile si sapeva pochissimo.
Ma chi è stata veramente Simone de Beauvoir e perché è considerata fra le figure più importanti delle filosofie femministe? Simone Lucie Ernestine Marie Bertrand de Beauvoir, conosciuta come Simone de Beauvoir, nasce nel 1908 a Parigi dove nel 1928 si laurea in filosofia e ottiene l'abilitazione per l'insegnamento, professione che eserciterà fino al 1943. Aderisce alla corrente filosofia dell’esistenzialismo, movimento filosofico che, come viene definito dalla Treccani concepisce la filosofia come impegno del singolo nella ricerca del significato e della possibilità dell'esistenza, cioè il modo d'essere specifico dell'uomo, caratterizzato dall'irripetibilità e dalla precarietà, la cui figura di spicco in Francia fu Jean-Paul Sartre, con cui intesserà la relazione più duratura di tutta la sua vita. Il modus vivendi stesso in questa intima quanto tormentata relazione riesce a trasmettere immediatamente il carattere dei due protagonisti: entrambi atei, credono che il loro forte sentimento di stima e amore debba essere vissuto senza usare le convenzioni comuni, scisso dai legami di possesso e appartenenza, libero e emancipato.
Libertà e emancipazione sono le due parole chiave che analizza, all’interno di vari ambiti, ne “Il secondo sesso”, in cui la de Beauvoir spiega attentamente come la donna debba trovare la sua libertà rispetto al binomio che la lega all’uomo. Fin dal titolo, infatti, quello femminile si presenta come secondo sesso, subordinato al primo, quello maschile, che ha scritto la storia fino al ventesimo secolo, dimenticandosi, ieri come spesso oggi, di tutte le donne che hanno vissuto.
Perché nel suo libro, divenuto poi pietra miliare del femminismo del ventesimo secolo, Simone de Beauvoir decide di catalogare il sesso femminile come secondo? In tutta la sua analisi non si accenna mai ad un terzo o ad un quarto sesso, ma con l’aggettivo numerale secondo, Simone de Beauvoir vuole utilizzare il termine come sinonimo di Altro, da intendersi nel senso più strettamente filosofico: la riflessione è, infatti, da svilupparsi di pari passo con una analisi attenta e (molto) critica della storia sociale che abbiamo sempre conosciuto. In origine il sesso femminile non sarebbe Altro: è nella società che la donna è stata dipinta appositamente come Altro dell’uomo, come un riflesso storpiato in base all’immagine che l’uomo ha su di sé.
Ogni persona che si avvicina al femminismo dovrebbe, quindi, avere ben chiaro il lavoro svolto da Simon de Beauvoir, la prima in grado di scardinare con una chiarezza analitica il binomio uomo-donna e rivelare alle donne di tutto il mondo che ciò che fino ad ora è esistito come seconda entità in funzione di una prima, è invece in grado di trovare se stessa. La condizione della donna che varia e che può cambiare con continue mutazioni, pertanto, si contrappone totalmente all’idea pregressa che il mondo aveva di lei. L’essere donna non è più una essenza, frutto di una realtà immobile e incontestabile, ma diventa il prodotto di diversi fattori: la società che circonda la donna, il suo vissuto fin dall’infanzia, ma anche gli stimoli esterni, i suggerimenti e le interazioni. Diventare donna e soggetto della propria vita, oggi, è possibile: si diventa donna ogni giorno, in ogni piazza e in ogni stanzetta buia. Diventare donna oggi è il frutto delle battaglie di ieri e della voglia di non arrestare il cambiamento di oggi e di domani.
Articolo a cura di: Beatrice Tominic e Claudia Crescenzi