Don Chisciotte della Mancia – Quando vivere nel passato ci priva del nostro presente
“Nacqui per favore del Cielo in questa età di ferro per far rivivere quella dell’oro”: così Alonso Chisciano, passato alla storia come Don Chisciotte della Mancia, protagonista dell’omonimo romanzo di Miguel de Cervantes, riassume la sua personalissima missione di vita, ossia riportare al suo antico splendore la classe della cavalleria errante, di cui egli stesso si ritiene autorevole esponente. Eppure, Alonso non è altro che un nobile di basso rango della campagna spagnola, così appassionato di romanzi cavallereschi da farne il proprio modello e ideale di vita.

Ciò di cui Alonso sembra non curarsi affatto è che la realtà che lo circonda non è quella della cavalleria e non intende assolutamente assecondarlo nella sua illusione: il tempo e lo spazio in cui il nostro “eroe” si muove, ovvero la Spagna del XVII secolo, non gli rendono facile soddisfare la sua sete di avventure e i suoi contemporanei non sono interessati alle sue fantasie di gloria.
I due volumi di cui è composto il romanzo, usciti rispettivamente nel 1605 e nel 1615, dipingono con tragica ironia l’alienazione di un uomo che è diventato un simbolo della lotta senza speranza, dell’entusiasmo ingenuo di chi crede in un ideale irrealizzabile e per il quale si consuma. Don Chisciotte, infatti, affiancato dal fedelissimo e leale scudiero Sancho Panza, si lancia in avventure destinate al fallimento in un continuo avvicendarsi di follia e ragionevolezza che impedisce di percepire la realtà così com’è, forse nel tentativo di scampare all’altrimenti inevitabile delusione.
Tuttavia, il nostro “eroe” non può evitare di sottrarsi all’occhio cinico di chi invece nella realtà è ben radicato e che lo osserva con obiettività, facendosi beffe di lui: è così che, inconsapevole e fiero, Don Chisciotte finisce spesso per umiliarsi, cadendo trappola di scherzi e raggiri.
Dunque, se da una parte l’intrepido hidalgo può essere considerato il simbolo della fedeltà a se stessi, della lotta alle storture del mondo contro ogni aspettativa, della coraggiosa incapacità di rassegnarsi davanti alla sconfitta, dall’altra Don Chisciotte è archetipo di tutti coloro che, scegliendo di vivere nel passato, rinunciano al proprio presente e al proprio futuro. In un mondo in costante e sempre più rapido cambiamento, non è raro che le persone si aggrappino con tutte le loro forze alla tradizione, a uno ieri che non contempla un oggi o un domani diversi, rifiutando con fermezza il diverso o il nuovo, soprattutto quando quest’ultimo prende il posto del vecchio; eppure, perseverare nel vedere solo declino laddove c’è anche la possibilità del progresso impedisce di accogliere un cambiamento che è sì inevitabile ma talvolta persino auspicabile.
Rimanere morbosamente attaccati a una realtà che non esiste più o che si avvia ormai al suo superamento non significa solo privarsi del vivere appieno il proprio presente rifugiandosi in un futile confortevole sogno, ma anche dell’opportunità di agire concretamente nel proprio tempo e contribuire in positivo a quel cambiamento che, con o senza la nostra approvazione, avverrà comunque: tanto vale concedersi di impegnarsi affinché sia nella direzione migliore possibile.
Articolo a cura di: Alysia Giorgia Voltattorni