Dismorfia e social Network: quando i “filtri” diventano realtà
Filtri Social, video editing, app per ritocco: oggi, apparire più belli e omologarsi agli standard definiti dai Social Netwrok, sembra diventata una vera e propria ossessione. Così, lo specchio fa sempre più paura e l’immagine riflessa si allontana velocemente dalla propria aspettativa di bellezza.

A chi non è mai capitato di guardarsi allo specchio e notare qualche piccolo difetto che avrebbe preferito non ci fosse?
Pensare di voler modificare alcune parti di sé è comune e, nei limiti, anche normale. Ci sono casi, però, in cui la preoccupazione per l’estetica, diventa una vera e propria ossessione, tanto da influenzare negativamente l’intera vita e creare un forte disagio psichico.
Nel DSM-5 si parla di disturbo da dismorfismo corporeo, classificato come disturbo ossessivo-compulsivo. Una condizione di insoddisfazione corporea patologica che si è aggravata anche a causa dell’avvento dei Social Network.
I ricercatori parlano di “Snapchat Dysmorphia”, ma è un fenomeno che riguarda qualsiasi altro Social Network.
Il punto focale di questo disturbo sono i filtri che modificano il volto, fino a distorcere così tanto i connotati del viso, da non rendere più le persone riconoscibili a sé stesse.
È una situazione allarmante che, secondo i dati diffusi dall’Istituto di Terapia Cognitiva e Comportamentale, coinvolge il 2% della popolazione italiana e rischia di condurre sempre più persone a soffrire di veri e propri disturbi psichiatrici.
Dall’immagine filtrata di sé stessi, sfuma il contatto con la realtà e si concretizza la tendenza a cercare di assumere una versione di sé perfetta e irraggiungibile. Non è un caso che, negli ultimi anni, il 55% delle richieste di interventi chirurgici estetici sia nata dal desiderio di apparire come nei selfie: labbra carnose, zigomi alti e naso sottile sono i “must have” di questa nuova pericolosa tendenza.
In questo caso, non si tratta di demonizzare la cura della propria estetica, ma di sottolineare che quest’attenzione deve far parte di un circolo virtuoso di accettazione e di benessere psicofisico, e non di un’ossessiva ricerca di omologazione a canoni estetici irreali. È bene ricordare che i filtri non possono definirci come persone: a “schermo spento” e senza la maschera dei Social, condividiamo tutti la medesima condizione: siamo essere umani e quindi, per definizione, imperfetti.
Articolo a cura di: Alice Fiore