Diritto all’aborto: Roe v Wade a rischio di overruling. Un’intervista per capirne di più
Dall’articolo di Politico sulla bozza della sentenza del caso Dobbs v Jackson Women’s Health Organisation, il mondo aspetta trepidante l’uscita della decisione definitiva della Corte suprema, chiedendosi se si avrà veramente un overruling di Roe v Wade (1973), il caso nel quale per la prima volta è stato riconosciuto il diritto all’aborto negli USA. Per questo abbiamo intervistato Giulio Battistella, dottorando in Studi giuridici comparati ed Europei all’Università di Trento.

Com’è possibile che dopo quasi 50 anni di precedenti consolidati a favore di un diritto all’aborto di rilievo costituzionale, la Corte ora sostenga che questo diritto non sia mai esistito?
La sua domanda conferma perfettamente come su certe materie sia preferibile che decidano i Parlamenti e non i giudici. Questo perché mentre le decisioni giudiziarie possono essere oggetto di ripensamenti (quelli che gli americani chiamano overruling), i testi normativi vincolano i giudiciindistintamente per tutta la durata della loro vigenza, e soprattutto quando concernono i diritti difficilmente possono essere abrogati o revisionati.
Gli Stati Uniti sono una Federazione, cioè un’aggregazione di Stati, ciascuno dotato di una Costituzione nazionale, ma esiste anche una Costituzione federale (che risale al 1787) che regola i rapporti fondamentali tra gli Stati e la Federazione, nonché la politica estera. La legislazione di ciascuno Stato è vincolata al rispetto della Costituzione federale. Il Congresso federale può legiferare nelle sole materie attribuite alla Federazione ai sensi dell’art. 1, sez. VIII della Costituzione, mentre in tutte le altre materie sussiste la competenza residuale dei Parlamenti nazionali. Tale articolo non menziona la competenza in materia di diritti delle persone e della famiglia, per cui essa in linea di principio è nella libera disponibilità degli Stati della Federazione.
Per i giudici conservatori la sentenza Roe v. Wade del 1973 avrebbe illegittimamente sottratto la competenza a legiferare in materia di aborto agli Stati, “inventando” di sana pianta un diritto di cui non c’è traccia nella Costituzione federale. La maggioranza dei giudici del 1973 aveva invece derivato il diritto all’aborto dal right to privacy della donna, come diritto di questa di prendere in autonomia le decisione fondamentali che attengono alla propria persona senza intrusione da parte dello Stato, fondandolo sul XIV emendamento. Questa interpretazione non è mai stata accolta dai giudici conservatori, i quali la considerano espressione di attivismo giudiziario e un tradimento dello “spirito originario” della Costituzione federale. In altre parole, essi sostengono che il diritto all’aborto non abbia copertura costituzionale e che il suo riconoscimento debba avvenire tramite l’approvazione di un’apposita legge da parte di ciascuno Stato americano.
Secondo i giudici l’overruling non intaccherebbe gli altri diritti che la Corte ha ricompreso nel right to privacy, dato che le sue argomentazioni riguardano solo l’aborto. Cosa ne pensa?
A me sembra l’esatto opposto. Facendo overruling di Roe v. Wade la maggioranza della Corte Suprema riaffermerebbe il principio secondo cui tutto ciò che non è espressamente disciplinato dalla Costituzione federale è rimesso alla discrezionalità degli Stati, i quali dunque tornerebbero liberi di decidere se mantenere un diritto di fonte giurisprudenziale oppure eliminarlo, a piacimento della maggioranza di turno. Abolito il diritto all’aborto, potrebbe seguire ad esempio l’abolizione del diritto a contrarre matrimonio per le coppie omosessuali (che la Corte Suprema ha esteso a livello federale con la sentenza Obergefell v. Hodges del 2015). O, ancora, potrebbe essere reintrodotta la pena di morte per i condannati minorenni e infermi di mente (che la Corte Suprema aveva ritenuto illegittima rispettivamente nelle sentenze Roper v. Simmons del 2005 e Atkins v. Virginia del 2002).
Anche in Europa il diritto all’aborto non è una certezza. Roe v Wade ha avuto un forte impatto anche nel suo riconoscimento qui, secondo lei che influenza potrebbe avere qui un eventuale overruling?
Non condivido questa tesi. La tradizione europea in materia di diritti fondamentali trova un ancoraggio in testi costituzionali molto più moderni, dove è ben presente l’idea per cui non tutti i diritti sono alla mercé della maggioranza di turno ed esistono limiti costituzionali, anche impliciti, che precludono ai Parlamenti di fare un passo indietro su ciò che è ormai patrimonio costituzionale comune. Il caso polacco è un’eccezione, legata al mancato consolidamento delle strutture dello stato di diritto e alla mancanza di sufficienti garanzie che impediscano alla politica di prevaricare sulla magistratura. Una comparazione tra storia dell’aborto negli Stati Uniti e in Europa qui non è facile. Infatti, in molti Stati europei sono stati i Parlamenti a prendere l’iniziativa di legiferare sul punto riconoscendo tale diritto, se del caso anche su sollecitazione delle Corti costituzionali (è questo il caso dell’Italia, dove il diritto all’aborto è stato formalmente affermato, quantomeno nei casi in cui la continuazione della gravidanza possa essere causa di grave pericolo per la vita e la salute della donna, nella sentenza n. 27 del 1975 della Corte costituzionale, alla quale ha fatto seguito la legge n. 194 del 1978, ancora oggi in vigore). Il suo stesso fondamento costituzionale è diverso: mentre negli USA esso viene derivato dal right to privacy, negli Stati europei viene normalmente ricondotto al diritto alla salute della donna. Il punto è che il right to privacy è un diritto di pura invenzione giurisprudenziale di cui è veramente difficile trovare un sicuro fondamento di diritto positivo, tantomeno in una Costituzione come quella americana, scritta in un’epoca lontana dalla moderna sensibilità per i diritti della persona. Al contrario, il diritto alla salute viene espressamente garantito da tutte le Costituzioni europee e non può essere limitato, salvo il necessario bilanciamento con altri diritti costituzionali.
In Italia l’aborto è un vero e proprio diritto o ci si è solo limitati a legalizzarlo?
Dal mio punto di vista è innegabile che si tratti di un diritto vero e proprio: non solo la legge disciplina le modalità di esercizio, ma prevede meccanismi affinché le prestazioni necessarie a praticare un aborto siano offerte uniformemente dal SSN. Inoltre, nei limiti in cui l’IVG è necessaria a salvaguardare la vita e la salute della donna, essa rientra a pieno titolo nella garanzia offerta dall’art. 32 Cost.: la l. 194/1978, in questo senso, costituisce una “legge costituzionalmente necessaria”, che non potrebbe essere abrogata tout court, ma al massimo riformata. In ipotesi, si potrebbe riconoscere la libertà di abortire anche in uno stadio avanzato della gravidanza. La questione problematica è stabilire fino a che punto debba considerarsi costituzionalmente legittimo l’affievolimento della tutela della vita prenatale: una legge eccessivamente liberale, infatti, potrebbe in ipotesi venire sanzionata dalla Consulta per violazione del diritto alla vita del feto, laddove questo possa ritenersi capace di vita autonoma. E del resto la Corte costituzionale, nella sentenza n. 27 del 1975, aveva fondato la tutela del concepito sull’art. 2 Cost., che nel garantire i “diritti inviolabili dell’uomo” comprende anche la situazione giuridica del concepito, “sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie”. Nella sentenza n. 35 del 1997, la Corte afferma addirittura che alcune disposizioni della legge 194 avrebbero un “contenuto costituzionalmente vincolato”, dal momento che la loro eliminazione “determinerebbe la soppressione di una tutela minima per situazioni che tale tutela esigono secondo la Costituzione”.
Tuttavia, condivido le sue perplessità: infatti, se il diritto ad accedere all’assistenza sanitaria per praticare l’aborto è formalmente sancito dalla legge, esso è ineffettivo in molte zone d’Italia per carenza di professionisti disposti a realizzare l’intervento. A ciò si sta cercando di far fronte mediante bandi di assunzione riservati a medici non obiettori. A differenza degli USA, però, in Italiail diritto all’aborto non è messo in discussione: il problema qui è di assicurare le condizioni affinché questo diritto sia effettivo e garantito equamente su tutto il territorio.
Articolo a cura di: Laura Tondolo