Dario Argento presenta “Suspiria”
“In realtà, scusate se dico questo, io i film non li faccio per voi… li ho fatti per me.”

Cinque aprile, Torino. Davanti all’entrata del cinema Massimo una lunga fila di fan e giornalisti attende il proprio turno per mostrare il biglietto e partecipare finalmente allo spettacolo. La particolarità però non è solo la decisione di proiettare sul grande schermo una pellicola del 1977… bensì di ospitare in prima fila e poi sul palco il maestro nonché regista Dario Argento. Da poco è uscito nelle sale il suo ultimo lungometraggio “Occhiali Neri”, eppure, in onore e in occasione dell’inaugurazione della mostra dedicata ai suoi film, la scelta della proiezione è ricaduta su “Suspiria”; la sua pellicola ispirata al romanzo di Thomas de Quincey “Suspiria De Profundis”. Racconta le sue inquadrature, sempre diverse, “inventate” le definisce, in particolare poi si sofferma su due scene “abbiamo costruito un bicchiere molto grande e anche la lampadina” rivela.
Non si può certo definire un film canonico, l’uso dei colori accesi e la scelta della colonna sonora dei Goblin rendono l’atmosfera non solo una presa di visione ma una vera esperienza sensoriale che coinvolge, penetra e resta impressa. In particolare non è solo la musica ad insistere, ma qualsiasi rumore e suono è portato al limite dell’ascoltabile, invadendo volutamente e prendendosi un’importante fetta di scena. La realtà sembra dunque disperdersi lasciando ampio spazio ad un mondo quasi privo di logica, pensiamo alle illuminazioni espressioniste, presenti anche quando la coerenza scenica non le richiederebbe, come nella scena in cui a seguito dell’infestazione di vermi le ragazze sono obbligate a dormire in palestra e una luce rossa è il filtro attraverso il quale osserviamo la vicenda. O ancora la fotografia attenta e gestita da Luciano Tovoli, ai litigi delle ragazze nella prestigiosa accademia di danza, nonché congrega di streghe, Haus zum Walfisch a Friburgo (un meraviglioso palazzo del Cinquecento, un tempo dimora del celebre Erasmo da Rotterdam) circondata dalla Foresta Nera. La direttrice? È Elena Markos, Mater Suspiriorum (la Regina Nera), la prima delle tre Nostre Signore del Dolore. Argento prende spunto infatti dalle favole che da sempre ci sono state raccontate e che rispecchiano il senso di prigionia e oscurità che incombe: Alice nel paese delle Meraviglie, Biancaneve e Barbablù, difatti la protagonista Susy Benner (Jessica Harper) mantiene nella sua performance uno stupore bambinesco, dato anche da un viso che lo ricorda: gli occhi grandi, spalancati. In effetti Argento avrebbe desiderato un cast di attrici di 8/10 anni, ma dovette rinunciare, in alternativa scelse attrici dai tratti giovani, puliti e le fece giocare tra linguacce e sciocchi bisticci.
Pochi sanno però le origini dell’idea, ispirate appunto dalla storia della nonna di Daria Nicolodi, la quale fuggì da un istituto musicale dopo aver scoperto essere una scuola di magia nera.
All’epoca la critica si divise e il successo raggiunto da Profondo Rosso qualche anno prima non fu la medesima, nel resto del mondo invece riscosse un grande successo. Ad oggi, a prendere visione del film non conoscendone l’arte eccentrica o a mente chiusa, si corre il rischio che non si capisca o risulti quasi pacchiano, di fatto non è un film che fa paura, ma si tratta comunque della materializzazione degli incubi umani in forme e immagini, illogiche, irrazionali ma assolutamente suggestive e angoscianti e una volta lanciati a capofitto nella relazione è la consapevolezza di quell’idea di paura a spaventarci, perché la riconosciamo.
Articolo a cura di: Matilda Balboni