Custodi della passione, ricercatori di luce, protagonisti dell’arte: I Girasoli
La pittura diventa vita, il colore si carica di umanità e la semplicità formale ospita valori primitivi ed incontaminati per condensare la tradizione alla modernità nella volontà di ritrovare la propria identità: poco importa se si rivela scomoda, ciò che conta è che sia vera e sincera.

Il termine “girasole” deriva dalle due parole greche, “helios”, sole e “anthos”, fiore, per sottolineare la sua intrinseca tendenza a seguire il sole per vivere: un’esigenza talmente esposta alla luce da influenzare e caratterizzare la fisionomia, il colore, lo scopo, l’utilizzo, il nome, determinandone così l’essenza. La maggior parte degli esseri vegetali necessita del sole per vivere, questo speciale fiore deve esporsi al sole per almeno quattro ore per sopravvivere, eppure è simbolo di vita, rinascita. La domanda sorge legittima: come può un essere corrispondere, nell’idea comune, alla sua principale fonte di energia, senza la quale il seme non potrebbe germogliare? Un oggetto potrebbe esistere senza l’opera del suo costruttore? Il girasole sarebbe tale anche in assenza del sole? L’arte, ancora una volta, chiarisce ciò che l’uomo ignora ed utilizza questo speciale vegetale per esprimersi secondo prospettive e sensibilità differenti, portandoci a riflettere sul senso della sopravvivenza che, con i giusti occhi, può diventare vita.
Van Gogh, tra il 1888 ed il 1889, si fa portavoce di questa vitalità, rappresentandola in tutti i suoi momenti: a noi sono pervenute undici version, ma probabilmente sono state di più, con lo scopo di autorappresentare il suo animo secondo le leggi della natura. L’artista opta per un preciso giallo, il giallo cromo a base di cromato di piombo, per dipingere i suoi soggetti, che alla pazienza di attendere che il colore si asciughi, preferiscono venire alla luce attraverso le decine di dense pennellate che si accavallano a ritmo dei sentimenti contrastanti dell’autore. L’energia vitale è troppo forte per ridursi ad un’attesa artificiale, il desiderio di rivedere il caro amico Gauguin arde troppo da avere la presunzione di spegnere questo fuoco. Per Van Gogh è necessario dare una rappresentazione artistica ai suoi sentimenti spesso contrastanti e sceglie di affidare la nostalgia, la speranza, il dolore, l’amore, la disperazione nel girasole che è possibile osservare in tutti i suoi stadi. In alcuni casi spumeggiante, in altri reciso, qualcuno all’inizio del suo sviluppo, un altro alla fine, ma questa è la vita: non importa quanto essa possa essere crudele, la passione rimane in vita solo se noi decidiamo di non farla morire.
Prima di Van Gogh, un altro artista aveva dato la sua versione dei girasoli: uno degli esponenti più significativi dell’Impressionismo, Claude Monet. Con un taglio fotografico, egli colloca i fiori all’interno di un vaso orientale per richiamare il suo interesse verso l’arte giapponese e con l’immediatezza di chi con il pennello vuole afferrare l’attimo, ce li presenta come appaiono alla vista a primo impatto. In questo movimento artistico infatti, l’occhio è oggetto e soggetto di studio in relazione alla sua interazione con la luce e i sensi permettono di catturare l’impressione, servitrice dei secondi. Lo scopo è uno: congelare l’immagine in modo da riprodurla nella sua unicità sulla tela, consapevoli che la luce, cambiando nel tempo, oscura o illumina tratti che rendono la natura vulnerabile e mutevole. I “Girasoli” del 1881 di Monet sono questi: nobili ricercatori della luce che chiedono di essere salvati dal loro naturale destino mortale per vivere eternamente grazie all’arte. L’impressione che regna, l’esterno che si fa spazio all’interno dei nostri sentimenti sono tratti distintivi di questo movimento che si specchia con un’altra sensibilità, opposta concettualmente e figlia dei primi anni del ‘900: l’Espressionismo.
In questo caso è l’anima dell’uomo ad esigere di essere espressa e portata alla luce, l’occhio è soltanto un mezzo per giungere all’interno del proprio animo, i sensi impediscono di comunicare l’espressione. Schiele è maestro in questo.
Oltre ai tantissimi autoritratti, il pittore ci regala la sua versione dei Girasoli del 1908, in cui li rappresenta in piena maturazione, quasi sul punto di appassire.
Che cosa significa? Per lui il girasole rappresenta l’unione della vita con la morte, il girasole è quel fiore che più di tutti riesce a catturare dal sole tutta l’energia che gli consentirà di continuare a vivere anche durante il tramonto… Sarà ripiegato su se stesso ma riuscirà a mantenere quella pienezza vitale tipica dannunziana che gli permetterà di affrontare anche i momenti più bui nella consapevolezza che, prima o poi, ritornerà il sereno. Il sole per Schiele è solo lo strumento grazie al quale il fiore e così l’uomo, può ricaricare lo spirito. Infatti,
“I corpi possiedono una luce propria che consumano per vivere: essi bruciano, non sono illuminati dall'esterno”.
Perciò, dopo questo piccolo excursus artistico, si può rispondere alla domanda iniziale: sì, il girasole sarebbe tale anche in assenza del sole, perché ciò che conta è la presenza della luce che può provenire da tante fonti, l’importante è che sia viva, sempre.
Articolo a cura di: Emanuela Braghieri