Costituzione ed emergenza: ai confini della democrazia
Aggiornamento: 1 dic 2021
Negli ultimi anni siamo diventati sempre più familiari con il termine “emergenza”. E mentre abbiamo visto susseguirsi i decreti del Governo sulla pandemia, abbiamo dovuto scendere a patti con un crudo paradosso: a volte le democrazie devono limitare parti importanti di se stesse per proteggersi e proteggere i loro cittadini. Dopo l’attentato alle Due Torri, la dottrina si è largamente interessata su come affrontare casi di necessità e urgenza e si è posta un’importante domanda: fin dove ci si può spingere? Quando le misure a tutela della democrazia diventano incompatibili con la democrazia stessa?

Per valutare la legittimità di queste misure è prima di tutto importante considerare il contesto e la definizione che il singolo ordinamento dà ai concetti di “ordine” e “sicurezza pubblica”. La nostra Carta costituente non dispone norme che indichino come affrontare le crisi, limitandosi ad attribuire all’esecutivo la possibilità di affrontare la crisi con decreti-legge, ma ordinamenti europeirazionalizzano l’emergenza: è il caso dell’art. 116 della Costituzione spagnola, introdotto come risposta al terrorismo basco di ETA.
A volte, però, sono le stesse Corti costituzionali a dover intervenire per segnare chirurgicamente il confine tra democrazia e ciò che democrazia non è. Questo si rivede, per esempio, nei casi Hamadi, Rasull, Pandilla, portati davanti alla Corte Suprema americana nel 2004. Gli imputati erano stati catturati in Afghanistan nel 2001 e imprigionati senza accesso al sistema giudiziario a Guantánamo come “enemy combat”, categoria creata apposta per comprimere diritti e libertà. Essi, infatti, non erano considerati né cittadini americani né stranieri, non potendo godere delle garanzie dei prigionieri di guerra. Ciò era stato possibile in quanto l’art. 1 sez. IX della Costituzione americana prevedeva che la libertà personale potesse essere compresso laddove la sicurezza pubblica lo richiedesse. La Corte condannò tale pratica, ritenendola contraria alla divisione dei poteri: “qualsiasi sia il potere che la Costituzione americana conferisce all’Esecutivo quando si tratti di politica estera o di conflitti bellici, essa più di tutto prevede senza dubbio un ruolo per i tre poteri quando siano in gioco le libertà individuali”. La divisione dei poteri, dunque, deve rimanere anche nell’emergenza, anche quando la stessa Costituzione abbia attribuito al Presidente poteri speciali.
Le situazioni di emergenza rappresentano un’opportunità per mettere alla prova la tenuta dell’edificio costituzionale. Ed è proprio in momenti simili che più bisogna tenere saldi i principi base dell’ordinamento. Se rinunciamo a ciò che in momenti di pace riteniamo irrinunciabile, se abbattiamo quel nocciolo duro di diritti tanto duramente conquistato, rischiamo poi di guardarci allo specchio e scoprire di non riconoscerci più in quella democrazia che tanto vantiamo.
Articolo a cura di: Laura Tondolo