“The Neverending story”, non un film per bambini
“La storia infinita”, kolossal del tedesco W. Petersen, viene trasmesso per la prima volta nelle sale italiane il 6 dicembre 1984. Appartenente al genere fantasy e ispirato all’omonimo romanzo di Michel Ende – seppur con qualche differenza, che ha causato lo sdegno dello scrittore e la sua richiesta di non essere citato nei titoli di testa del film, poiché troppo diverso dal libro – potrebbe essere considerato “solo una bella storia per bambini”, ricca di effetti speciali e con una colonna sonora da brividi. Di fatto, però, non è solo questo. È un film che abbraccia persone di ogni età e cultura, perché affronta con saggezza temi universali, racchiudendo un significato a cui è impossibile restare indifferenti.

Il film si apre con un dialogo mattutino fra Bastian, il piccolo protagonista, e suo padre, nel quale scopriamo che i due sono rimasti soli dopo la prematura scomparsa della madre di Bastian. Mentre il padre cerca di elaborare il lutto e di andare avanti, il bambino disegna unicorni sui quaderni e trova rifugio nella sua immaginazione. “Smetti di sognare a occhi aperti e inizia ad affrontare i tuoi problemi” – questo, il consiglio che l’uomo dà al figlio. Nel tragitto verso scuola, Bastian riesce a scappare da alcuni bulli nascondendosi in una libreria, dove il burbero bibliotecario gli spiega che il libro che lui sta leggendo, aperto lì sul tavolo, è diverso da tutti gli altri, che invece “sono innocui perché raccontano solo storie”. Incuriosito dalle sue parole, Bastian prende il libro e scappa via, nascondendosi nella soffitta della scuola e cominciando la sua lettura. Inizia così il viaggio di Bastian e dello spettatore nel regno di Fantàsia, popolato da maghi, folletti, draghi della fortuna e da qualsiasi altra creatura fantastica che si possa immaginare.
Il primo personaggio che vediamo è una gigantesca roccia antropomorfa, la quale racconta a due maghetti che nella sua zona sta scomparendo tutto: non vi sono più laghi o rocce ma solo “il Nulla” che, sotto forma di un forte vento, spazza via ogni cosa. Consapevoli della sua incombenza, i tre si dirigono alla Torre d’Avorio per chiedere aiuto all’Infanta Imperatrice, ma lei, poiché malata, affida al giovanissimo guerriero Atreyu la missione di sconfiggere il Nulla prima che questo distrugga Fantàsia.
Nel continuo alternarsi fra “romanzo” e “realtà”, vediamo come Bastian sia sorpreso e spaventato all’idea che un ragazzino suo coetaneo debba battersi contro il Nulla da solo, “senza armi e con poche possibilità di riuscita”. Infatti, Atreyu dovrà affrontare molte prove che richiederanno forza di volontà, coraggio, fiducia in se stessi e bontà d’animo, pena la non riuscita e, in alcuni casi, la morte dello stesso guerriero. Durante uno dei numerosi colpi di scena, Bastian resta turbato dal contenuto del libro e getta un urlo, la cui eco si diffonde al punto tale che Atreyu, nella propria storia, si volta a cercarlo. Questo è il primo momento in cui la realtà si fonde con la fantasia: Bastian non è più solo un bambino che si immedesima nel libro, ma diventa a tutti gli effetti parte (seppur esterna) della storia e gli stessi personaggi lo percepiscono come tale. Quando Atreyu è chiamato a superare la prova dello “Specchio magico”, che mostra il “vero Io” di chiunque osi avvicinarvisi, non vede la sua immagine riflessa bensì quella di Bastian che, ignaro di tutto, continua a leggere.
Dopo aver superato le prove, Atreyu perde l’Auryn (amuleto-guida dell’Imperatrice) ed è preda di Gmork, il servo del Nulla, che ha le sembianze di un grande lupo intenzionato a sbranarlo. Per quanto paradossale possa sembrare, lo stesso Gmork ci rivela la grande metafora che si cela dietro al regno di Fantàsia e al Nulla: “Fantàsia è il mondo della fantasia umana: ogni suo elemento, ogni sua creatura, scaturisce dai sogni e dalle speranze dell’umanità (…) Fantàsia muore perché la gente ha rinunciato a sperare e dimentica i propri sogni, così il Nulla dilaga (…) Il Nulla è il vuoto che ci circonda, è la disperazione che distrugge il mondo e io ho fatto in modo di aiutarlo perché è più facile dominare chi non crede in niente.”
Qualcuno riuscirà a salvare Fantàsia? Se sì, chi? E come?
Questo film merita di essere visto e rivisto, per capire fino in fondo ogni sfumatura, ogni dettaglio: ti sorprenderà scoprire quante cose non emergano subito e quanto grande e geniale sia stata la trasposizione cinematografica di un problema universale, quale la perdita della fantasia. Così come Bastian, anche io mi sono sentita “chiamata” a staccare i piedi da terra e a volare un po’ più in alto, senza costrizioni, “perché solo esprimendo desideri il mondo di Fantàsia diventerà splendido”. E allora sogna! Con l’augurio che tu possa sempre credere nella tua immaginazione e nella forza dei tuoi desideri, anche quando ti diranno che sei troppo grande per farlo e che l’unico posto per i sogni è il cassetto. Tu, semplicemente, credici.
Articolo a cura di: Benedetta Pitocco