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La controversa storia di Rasputin, parte 2

In questo articolo termineremo la strana vicenda di Rasputin, un uomo che ascese ai massimi livelli del potere in modo intelligente, ma che non riuscì ad essere lungimirante e la sua morte ne è stata la prova.



Abbiamo terminato lo scorso articolo affermando che Rasputin, nonostante conducesse una vita oltremodo dissoluta, riuscì sempre a mantenere -di fronte alla famiglia reale russa- un comportamento serio e irreprensibile, dimostrandosi, agli occhi della famiglia reale, totalmente disinteressato al potere e rifiutando addirittura il vescovato di Tobolsk, una delle diocesi più importanti della Russia. Nonostante il suo rifiuto fosse stato interpretato dallo zar come una ennesima prova del disinteresse di Rasputin di qualsiasi posizione di potere e della sua santità, i suoi nemici in realtà capirono che il rifiuto era dovuto alla volontà di continuare a esercitare la sua influenza nella capitale.


La popolarità di Rasputin presso i Romanov, l’odio della classe dirigente nei suoi confronti coincisero praticamente con l’annessione della Bosnia ed Erzegovina da parte dell’impero austro-ungarico. In questa circostanza, sia la Duma che il popolo chiedevano a gran voce una guerra per proteggere i popoli slavi, ma Nicola II non volle iniziare la guerra e la Duma dovette assistere in silenzio all’annessione austroungarica dei territori posseduti dalla Serbia. La colpa di questo disastro politico fu data a Rasputin, che effettivamente si pronunciò sempre per una condotta pacifista e non a torto, perché, forse, fu l’unico a essersi reso veramente conto di quanto, nonostante la grandezza territoriale, l’impero fosse debole e pieno di problemi e una guerra avrebbe condotto inevitabilmente alla distruzione della monarchia zarista.

Ex post possiamo affermare che il pensiero di Rasputin è stato profetico. Tra gli oppositori più importanti di Rasputin, oltre alla nobiltà, vi erano sicuramente sia la polizia segreta dello Zar, l’okhrana, che il primo ministro Peter Stolypin, che in più di un’occasione aveva tentato di denunciare allo zar la condotta amorale e dissoluta di Rasputin, chiedendone l’allontanamento dalla capitale, tuttavia senza mai riuscire nell’intento. Il culmine dell’astio nei confronti di Rasputin fu dopo l’assassinio in circostanze misteriose del primo ministro Stolypin. Dopo questo evento, Rasputin subì diversi attentati da cui ne uscì quasi sempre indenne, il che contribuì ad accrescere la sua aura mistica e la sua santità. Infatti, riuscì a sopravvivere a un accoltellamento da parte di una donna e al tentato omicidio da parte di un politico che provò a sparargli ma la pistola si inceppò.



La vera svolta nella sua ascesa politica fu la partenza di Nicola per la grande guerra. Infatti, grazie alla lontananza dello zar e alla sua influenza nei confronti della zarina, riuscì de facto ad assumere il controllo politico della Russia, costituendo un governo di suoi fiduciari e dettando la sua visione politica alla zarina, che puntualmente “obbediva”. A quel punto tutta la restante classe politica si compattò, iniziando ad alimentare voci sulla appartenenza di Rasputin alla massoneria tedesca, sull’influenza che Rasputin esercitava sulla zarina e della quale si sarebbe approfittato per raccogliere informazioni da trasmettere al nemico, Germania in primis. In realtà la politica di non intervento attuata da Rasputin non fece altro che, agli occhi della classe politica e del popolo, “confermare” quelle voci.


Per l’alta politica russa il non intervento voleva dire disonore e resa, ma per Rasputin l’ideale di pace era un ideale degno da perseguire e probabilmente credeva davvero nella sua visione pacifista, nonostante sia innegabile che abbia utilizzato il suo carisma religioso per raggiungere i suoi scopi. A dispetto dei suoi vizi, carnali o di altra natura, Rasputin rimaneva pur sempre un contadino incapace di comprendere gli strani meccanismi della nobiltà russa, che era pronta ad utilizzare qualsiasi mezzo per ottenere il risultato prefissato, finanche alla congiura.


Un folto gruppo di nobili guidato dal principe Felix Yusupov, dal granduca Dmitri Pavlovich e dal politico di destra Vladimir Purishkevich decise che Rasputin e la sua politica, che attuava “controllando” la zarina, minacciava l'impero e nel dicembre 1916 escogitarono un piano per ucciderlo, apparentemente attirandolo al palazzo Moika degli Yusupov. Provarono prima ad avvelenarlo con pasticcini al cianuro che, stranamente, non ebbero effetto, fu poi sparato con un proiettile vicino al cuore e anche in questo caso riuscì a fuggire, salvo poi essere raggiunto e finito con un colpo alla schiena. Il corpo fu abbandonato e ritrovato qualche giorno più tardi in uno stato pietoso. La notizia della morte sconvolse la zarina, mentre Nicola II reagì con indifferenza, quasi con gioia, perché la crescente influenza di Rasputin aveva iniziato a indispettirlo. Altre fonti non ufficiali ritengono che a uccidere Rasputin sia stato il servizio segreto inglese.


Articolo a cura di: Antonino Cuppari



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