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Colombo: il marinaio folle

Cristoforo è un uomo come tanti, cresciuto in un mondo complesso e socialmente intricato, fortunato per essere nato in una famiglia agiata, per aver avuto accesso alla cultura e alla sapienza di un'Europa che stava abbandonandosi alle spalle un'epoca totalmente avulsa da quella che stava per giungere.



È un ragazzo sveglio, legge opere come “Il Milione” di Marco Polo, la “Historia rerum ubique gestarum” di Papa Pio II, legge sicuramente nel 1474 una lettera di Paolo Toscanelli, eminente fisico, nella quale egli dimostra la possibilità di arrivare in India percorrendo l'Ovest. In più, il giovane Colombo intrattiene rapporti con famosi navigatori e cartografi, tra i quali il fratello Bartolomeo Colombo: nel 1481 si trasferisce proprio da quest'ultimo a Lisbona, e tra le sue carte inizia a maturare l'idea di attraversare l'oceano Atlantico per giungere in India.


Per noi è quasi comprensibile un ragionamento del genere, ignorando la presenza delle Americhe, ma se ci mettessimo nei panni di un uomo del tardo Medioevo, potrebbe destare qualche dubbio l'idea che passando a ovest e circumnavigando il globo, si arrivi in India. Inoltre, il commercio per gli europei era diventato molto complesso: la rotta comunemente detta "via della seta" era troppo pericolosa e lenta, il mercato europeo necessitava di una sicurezza nell'importo delle merci e una maggiore velocità di consegna.


In secondo luogo, nell'ottica di Colombo, che chiaramente non contemplava il continente americano, la via ad ovest era la più semplice, comoda e sicura. Colombo scrive nelle sue lettere che iniziò a navigare intorno ai 14 anni e in seguito fu comandante di importanti navi merci. Dobbiamo sottolineare che i suoi genitori furono prima tessitori e in seguito proprietari di un'osteria, dunque Cristoforo crebbe in un ambiente commerciale, e commerciante fu di professione. Ma nella sua mente "folle" partorì l'idea di attraversare l'Atlantico, cosa che poteva realizzarsi solo a fronte di un grande investimento e che poteva interessare maggiormente i potenti d'Europa, che avrebbero investito in un progresso nel traffico commerciale in vista di un guadagno migliore e di una mole più consistente di beni importati.


Colombo, allora, nel 1483 si trova davanti al re di Portogallo Giovanni II, interessato ad ascoltare il progetto che Cristoforo aveva abilmente preparato. Dopo una consultazione con i suoi tecnici, il re rifiutò la proposta. Un viaggio più arduo della circumnavigazione dell’Africa pareva improbabile, dispendioso e molto pericoloso, dato che nessuno finora vi si era cimentato (se escludiamo le traversate dei vichinghi in Groenlandia). In seguito, Cristoforo provò con i sovrani di Castiglia e Aragona che, sebbene inizialmente scettici, grazie soprattutto alla spinta di Isabella di Castiglia, approvarono il progetto.



Immaginiamoci ora non nella corte spagnola, ma nei vicoli cittadini, al mercato di una delle città commerciali, e focalizziamoci sull'opinione e sul giudizio di uomini semplici circa questo viaggio: un’opera quasi mistica, dato che l’immaginazione di uomo medievale sull’ignoto può essere molto fuorviante; conosciamo la classica storia dei confini della terra, una credenza che non è per niente medievale (dato che già dall’antichità conoscevano la Terra come un globo), ma che sicuramente spopolava tra le leggende popolari. Per questo, Cristoforo diviene l’uomo che ha sfidato i confini del mondo, un pazzo, un folle. Eppure, Colombo arrivò nel nuovo continente e comunque divenne, e lo è tutt’oggi, un eroe, una leggenda, venerato anche dagli abitanti delle Americhe.


Dobbiamo ricordare, inoltre, che quest’anno ricorre il cinquecentosettantesimo anno dalla nascita di Cristoforo, nato appunto il 26 agosto 1451.


Articolo a cura di: Marco Mariani



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