Chi è la Ragazza con l'orecchino di Perla?
È uno dei ritratti più affascinanti ed enigmatici di sempre: ma chi è la Ragazza con l'orecchino di Perla?

Il dipinto chiamato anche la "Gioconda del Nord", venne realizzato da Johannes Vermer intorno al 1665 e oggi conservato al Mauritshuis dell'Aia, è conosciuto dal grande pubblico per il film di Peter Weber, con una grandiosa Scarlett Johansson nei panni della protagonista.
Domanda ricorrente nel tempo e a cui molti storici dell'arte hanno provato a dare risposta. L'ambiguità è data dal fatto che non possediamo molta documentazione sull'opera, ma anche le notizie biografiche su Vermer sono scarse. Inoltre, è da sottolineare che questa rappresenta un'opera "fuori dal coro" rispetto agli altri dipinti dell'artista olandese, di cui ci sono pervenute solo 35 opere. Spontanea è anche un'altra domanda: Vermer conosceva la ragazza rappresentata o si tratta di un volto idealizzato? Ripercorriamo insieme le varie ipotesi degli studiosi.
Relativamente a quest'ultima gli studiosi della materia si sono espressi in modo opposto. Peter Swillens, storico dell'arte olandese, smentì le ipotesi che volevano che la ragazza rappresentata fosse una figlia dell'artista.
Inoltre, egli affermò che nel dipinto ci sono abbastanza elementi per considerarlo un ritratto, in primis che Vermer non avrebbe avuto alcun motivo per realizzare un'opera puramente estetica, anche perché il volto della ragazza non presenterebbe tratti tali da ricordare una bellezza idealizzata. Gli indizi che rafforzano tale ipotesi sono: un movimento naturale, la ragazza non sembra essersi messa in posa ma sembra quasi che si sia voltata sentendo il suo nome, e un'espressione che dimostrerebbe vivo interesse.
Le teorie di Swillens furono confutate in toto alcuni anni più tardi. In particolare, dallo statunitense Arthur Wheelock, specialista di pittura olandese del Seicento, che sostiene che la Ragazza sarebbe uno studio idealizzato. Questa teoria sarebbe poi stata seguita da diversi altri studiosi.
Ma quali sono le ragioni alla base di questa teoria? Alcune di queste sono rintracciabili in certi elementi del dipinto. Pensiamo al turbante indossato dalla ragazza: si trattava di un costoso copricapo importato dalla Turchia, che non rientrava nel vestiario abituale di una ragazza olandese del Seicento; ma anche il colore blu oltremare ottenuto dai lapislazzuli, e dunque aveva un costo ingente. Si pensi ancora alla Perla, accessorio sicuramente lussuoso. Tutti questi indizi ci potrebbero portare a pensare che l'opera sia stata commissionata da un cliente benestante.
Vi sono, inoltre, altre ragioni da prendere in considerazione. In un inventario, risalente al 1664, dei beni posseduti da uno scultore attivo dell'Aia, si faceva menzione di een tronie van Vermeer, ovvero “un tronie di Vermeer”. Con tale termine si indicava un particolare genere pittorico, di cui non si trova un riscontro in Italia. Tale genere raffigurava un volto umano e aveva lo scopo di studiare espressioni, pose, movimenti, ma anche per raffigurare soggetti comuni, come giovani popolane. Spesso i tronie erano anche espressione di un status acquisito, e venivano commissionati proprio per mettere in rilievo la posizione sociale del committente. Nell'Olanda seicentesca, il genere del tronie ebbe grande diffusione, e molto spesso questi non venivano realizzati su commissione, ma dipinti e venduti direttamente.
In conclusione, non sappiamo se il dipinto citato nell'inventario del 1664 sia effettivamente la Ragazza con l'orecchino di Perla perché non abbiamo informazioni dettagliate a tal proposito, ma possiamo certamente affermare, come sottolinea anche la critica moderna, che il dipinto realizzato da Johannes Vermer rappresenti un tronie. Tuttavia, resta ancora senza soluzione la domanda posta all'inizio, dal momento che nessuno può sapere se la Ragazza è un mero frutto dell’immaginazione di Vermeer, oppure se si tratta di una ragazza realmente esistita.
Come per la Gioconda leonardesca, forse è proprio per questo dubbio amletico che l'opera risulta ancora più affascinante.
Articolo a cura di: Giada Toppa