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Bob Dylan tra musica e letteratura

Correva l’anno 2016 quando, in maniera totalmente inaspettata da tutti, a Bob Dylan veniva assegnato il Premio Nobel per la letteratura, diventando il primo cantautore a ottenere l’ambito riconoscimento che il mondo della cultura assegna insieme con una borsa di circa 900mila euro, con la motivazione di aver “creato una nuova espressione poetica nell'ambito della tradizione della grande canzone americana”.



Nessuno si aspettava che il comitato di Stoccolma potesse decidere di estendere il loro prestigioso riconoscimento a un genere come la musica 'pop': c’è chi ha storto il naso come Irvine Welsh e lo stesso Alessandro Baricco, mentre c’è chi ha accolto la notizia con entusiasmo, come ad esempio Francesco Guccini, il quale ha affermato: “Sono molto contento che il valore della canzone sia stato riconosciuto a livello internazionale e sia degno di un premio importante come il Nobel. Oggi, finalmente, è a tutti gli effetti una forma d’arte parificata a quella letteraria” o anche Mogol, il quale ha dichiarato che “Dylan ha meritato ampiamente il riconoscimento.

Il premio rappresenta una grande apertura nei confronti della cultura popolare. Prima del 2000 le accademie non la tenevano nella giusta considerazione, come se fosse l'espressione del popolo bue. Ma, in fondo, anche Dante apparteneva alla cultura popolare”. È difficile capire da quale parte sarebbe più giusto e logico schierarsi, quindi bisognerà partire dalle parole dello stesso Dylan per poi trarre le nostre conclusioni.


Innanzitutto, lo stesso cantautore, preso alla sprovvista e guidato istintivamente dal proprio carattere, ha atteso un po’ prima di rispondere per poi accettare il premio, tenendo però accesi un numero non insignificante di interrogativi. Nel discorso di accettazione del premio, arrivato all’accademia il 4 giugno, Dylan pone la domanda “Ma le mie canzoni sono letteratura?”. Come possiamo ben intuire, la situazione non è affatto semplice in quanto la letteratura nasce come poesia, come una forma di recitazione alla quale si accompagna la musica; tuttavia, con lo scorrere dei secoli le due arti sono andate via via allontanandosi, conoscendo percorsi, forme e formati diversi. Anche se in passato era capitato che il premio Nobel andasse ad autori teatrali, con il premio del cantautore americano per la prima volta si premia una letteratura che non ha una “forma-libro”. Nonostante Omero in origine fosse recitato e solo in seguito scritto, “L’Odissea”, spiega Dylan, “è un grande libro i cui temi sono riusciti a filtrare nelle ballate d,i molti cantautori”. Ma qui finiscono i termini di paragone: “Le canzoni non sono come la letteratura. Sono fatte per essere ascoltate, non lette”, aggiungendo inoltre che “Le parole delle opere di Shakespeare erano fatte per essere recitate sul palcoscenico”. Così facendo, mette in discussione il metodo di studio delle sue opere, analizzate e lette soprattutto dagli studenti delle superiori.


Anche se Bob Dylan sostiene che le canzoni non possano costituire una letteratura, non è detto che abbia per forza ragione.


Si può sempre pensare che il cantautore statunitense possa essere un poeta, semplicemente non è lo stesso genere di poeta di Ungaretti o Ezra Pound. Dylan può essere un poeta che ha inserito nelle canzoni la potenza della poesia, restando, nonostante ciò, un cantante capace di unire due arti differenti con caratteristiche diverse; sicuramente Dylan è anche da considerarsi come un narratore, uno di quelli che inventa le storie e le racconta con un metodo tutto suo, come ad esempio è successo con la ballata topical, cioè politica e impegnata, creando però con esse delle situazioni aperte in cui la storia, una volta sentita, rimane sempre con qualcosa di non ancora totalmente esplicato, facendo venir voglia di ascoltare all’infinito la canzone finché essa non esaurirà tutti i nostri dubbi.


Articolo a cura di: Claudia Crescenzi



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