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“Bisogna avere il caos dentro di sé per partorire una stella danzante”, Friedrich Nietzsche

È una delle tante citazioni del filosofo che esprime il coraggio di dare nuovi nomi alle cose, liberandole da schemi e concetti precostruiti e radicati in un tempo troppo protagonista e troppo poco strumento nelle mani dell’uomo.

Con la scomodità di chi non si limita a seguire il percorso già tracciato, bensì di chi si cimenta in un sentiero mai attraversato prima, racconta i segreti che si celano dietro ad occhi consapevoli della difficoltà della vita, ma non per questo meno assetati di viverla.

La vita è come una medusa, ma prima capisci la sua volontà di colpirti e più la affronterai con lucidità e coraggio.



L’uomo deve vivere cento giorni da pecora o magari pochi da leone?


Per Nietzsche vale la seconda opzione, con tutti gli effetti indesiderati che ne conseguono. È troppo facile rinunciare alla tragicità intrinseca nella natura umana per rifugiarsi nella tranquillità di una possibile resurrezione.

Al leone che è pronto a farsi fanciullo, attribuisce il nome di “oltreuomo” che nonostante appaia come un’entità soprannaturale e non conoscibile, in realtà è molto più ancorata al terreno di quanto si possa pensare. Egli incarna completamente quella “volontà di vivere” che avrebbe voluto trattare fino in fondo nell’omonima opera, ma che una malattia neurologica gli ha impedito di completare. Avrebbe dovuto costituire la pars costruens di un pensiero che voleva distruggere tutte le effimere certezze… e ci è riuscito.

Il filosofo la domanda, il suo Übermensch la risposta. Il primo una mano che distrugge, il secondo l’altra che crea qualcosa di mai visto prima. Il primo che smaschera coloro che vengono alimentati esclusivamente dallo spirito apollineo, il secondo che propone un nuovo spirito da affiancare, quello dionisiaco.

Ed è qui che consiste la sua grandezza: non si è accontentato di distruggere e di creare il nulla e ha trovato la forza di partire dal nulla per generare il tutto.

Il risultato? La consapevolezza che la tendenza dell’uomo non si limita semplicemente all’autoconservazione di sé, si estende, piuttosto, al desiderio di rafforzarsi sempre di più, svincolandosi dalle catene dei valori tradizionali che impediscono al destino umano di compiersi. È in tale coscienza che risiede l’innocenza del fanciullo nel meriggio che “danza sui piedi del caso” e che è capace di creare nuovi valori, permettendone così una loro trasvalutazione. Ha dato la possibilità al cammello di diventare leone eliminando il fardello delle false certezze che volevano schiacciarlo e permettendo di toccare il nulla.


In che modo?


Annunciando per prima cosa la morte di Dio. Ne “La gaia scienza” ha urlato «Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso!».

Nella sua visione atea, ha creato uno strappo muscolare a tantissime gambe che credevano di star correndo mentre in realtà stavano solo camminando, molto lentamente. Ha spento la luce agli uomini pur sapendo che solo alcuni sarebbero stati in grado di abituarsi al buio ed è a coloro che infine ha indicato la via della salvezza affinché il leone diventasse fanciullo, ovvero l’oltreuomo che plasma il mondo senza pregiudizi.

Dio è morto proprio perché non è mai esistito, ma tranquilli: gli spiriti liberi saranno in grado di vivere ugualmente perché saranno loro stessi a colmare il vuoto nelle loro anime lasciate da Dio.


Mi piace credere che volontariamente ci abbia consegnato proprio “La volontà di potenza” incompleta come per dirci:


Vi ho condotti nel labirinto del mio pensiero e vi ho fornito gli strumenti per superare voi stessi, ora però l’ultimo tratto dovete percorrerlo voi per poter essere “liberi di” oltre che “liberi a”. Abbiate coraggio, come me, e non abbiate paura del vuoto perché è inevitabile caderci. Anzi, partite proprio da questo per innalzarvi e avere una vista privilegiata sulla vostra Vita, quella vera, e sul mondo”.

Grazie per ricordare che ciò che appare non coincide sempre con l’essenza delle cose e che il nulla viene troppo spesso sottovalutato.


Platone, Parmenide, Aristotele dicevano che solo i dotti, i filosofi, avrebbero potuto conoscere il vero mondo, i cristiani dicono che solo i buoni potranno accedervi, tu invece non ci dici specificatamente chi può conoscerlo, ma solo che, chi vuole, può abitarlo, anche oggi, non smettendo mai di vedere lo scontro come opportunità, l’assenza come essenza ed il dolore come seme della felicità.


Articolo a cura di: Emanuela Braghieri



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