“Batka” Lukashenko e la sua Bielorussia
L’ascesa al potere e il quarto di secolo da Presidente, le riforme a dir poco dissennate e le giuste proteste dell’opposizione, tra consenso drogato ed elezioni falsate.

Ventisei anni – politicamente parlando – sono un’eternità e l’Italia – un paese a caso – è la prova schiacciante che l’alternanza (o meglio, l’instabilità) politica sia la normalità.
Invero, nel panorama europeo l’eccezione a questa regola è la Bielorussia che, evidentemente, non soffre in alcun modo la discontinuità politica: difatti, quasi fosse uno zar, Batka (ovvero, il Padre) Lukashenko è in sella dal 1994. Per avere un termine di paragone, dall’anno della “discesa in campo” di Berlusconi.
Oggi, però, nel bel mezzo di una pandemia, in seguito alle elezioni Presidenziali del 9 agosto – chiaramente attenzionate da osservatori mondiali ed europei, tra i quali l’OSCE – sembra essere scattato qualcosa nel popolo bielorusso. Andiamo con ordine. Dopo aver ottenuto il riconoscimento dell’indipendenza dall’Unione Sovietica, il popolo bielorusso – pur non avendo conosciuto un periodo di transizione democratica – elesse Aleksandr Lukashenko quale Presidente della Repubblica (in una Repubblica Presidenziale).

In un momento drammatico per la Bielorussia – come quello conseguente al distacco dall’URSS – durante il quale dilagava la corruzione e vi era una povertà diffusa, l’attuale Presidente assurse al rango di Padre amorevole che aveva la ricetta giusta per salvare un paese provato; perciò, defenestrò qualche funzionario ritenuto corrotto e aumentò il salario minimo, senza rendere lo Stato davvero indipendente (economicamente) dai vicini russi. In un paio d’anni come Presidente, indisse ben due referendum – ideati a suo uso e consumo – per mezzo dei quali accrescere il suo potere: da un lato, aumentò la durata del suo mandato presidenziale (da cinque a sette anni, fino al 2001) e i poteri presidenziali sul Parlamento – riuscendo così a far cessare il mandato di alcuni membri dell’opposizione in quanto ritenuti “sleali” – e sulla Corte Costituzionale; dall’altro lato, propose di adottare una nuova bandiera, di rendere il russo la seconda lingua ufficiale e di incentivare l’integrazione economica con la Russia. Percentuali bulgare lo confermarono nel 2001 e, forte di ciò, poco dopo decise di eliminare il limite dei mandati presidenziali, allora fissato a due, con un nuovo referendum.
Da lì in poi, ogni elezione – con qualche lieve variante – seguì il medesimo copione. Attualmente, dopo le elezioni Presidenziali tenutesi il 9 agosto, la situazione è parecchio incerta: infatti, nonostante Lukashenko abbia ottenuto le solite percentuali schiaccianti, la sua sfidante, Svetlana Tikhanovskaya, si è proclamata vincitrice, pur avendo conquistato – secondo i dati in circolazione – un numero di voti ben lontano da quello che avrebbe raggiunto il Presidente. Dopo le dichiarazioni di vittoria, la leader dell’opposizione, per evitare di fare la fine di molti oppositori – cioè, finire in carcere – ha deciso di fuggire in Lituania.
Nel frattempo, il popolo bielorusso è sceso in piazza per manifestare il proprio dissenso, chiedendo a gran voce le dimissioni del Presidente e l’indizione di nuove elezioni. Peccato che, da quel momento in poi, molte persone siano state prelevate dalla polizia (rigorosamente in borghese) durante le manifestazioni e portate in carcere, con buona pace della libertà di manifestazione del pensiero; altre invece, come Roman Bondarenko, pittore trentunenne, hanno perso la vita.
Qualche giorno fa, Roman, insieme ad altri cittadini, mentre manifestava pacificamente, è stato afferrato con forza da un agente e scaraventato contro uno scivolo, secondo quanto immortala un video; purtroppo il colpo è stato fatale e il ricovero in ospedale non è riuscito a salvarlo. Al riguardo, le autorità sostengono abbia subito dei danni durante una rissa, che sarebbe avvenuta in seguito ad una “intossicazione da alcol”; in realtà, secondo l’opinione di molti osservatori accreditati e attendibili quali l’OSCE, Radio Free Europe, Freedom House e Amnesty International molti manifestanti starebbero subendo violenze, vessazioni e soprusi da parte degli agenti di Lukashenko.
Tornando al fattore scatenante delle proteste – quindi, le ultime elezioni presidenziali – Radio Free Europe evidenzia alcuni vulnera nel sistema politico Bielorusso. In primo luogo l’“early voting”, cioè la possibilità – peraltro non giustificata da esigenze numeriche, in uno Stato poco popoloso quanto la Bielorussia – di votare a partire da cinque giorni prima della data ufficiale delle elezioni (nel nostro caso, dal 4 agosto); in secondo luogo, l’esistenza di una Commissione elettorale – controllata da una fedelissima di Lukashenko – che ha sempre estromesso dalle elezioni presidenziali gli avversari più temibili, confezionando motivazioni oltremodo risibili, spesso di natura “tecnica” (ad esempio, contestando la validità delle firme dei sostenitori); in terzo e ultimo luogo, l’uso manipolatorio dei mezzi di comunicazione: difatti, da un lato, Lukashenko accusa l’Occidente di voler destabilizzare la Bielorussia, dall’altro sostiene che la pandemia sia una semplice “psicosi di massa”.
La situazione è in rapida evoluzione e il popolo bielorusso è davvero assetato di democrazia. Ventisei anni – politicamente parlando – sono un’eternità, ma è probabile (e auspicabile) che a breve si volti pagina.
Elenio Bolognese