Amore e Psiche nelle Metamorfosi di Apuleio - Interpretazione Filosofica e Mistica
La favola di Amore e Psiche occupa, nelle Metamorfosi di Apuleio, i capitoli dal quarto al sesto.

La favola non è una pura invenzione dell’eclettico scrittore madaurense (che fu anche avvocato, filosofo e tacciato d’esser mago), ma proviene da una tradizione ancora più antica, probabilmente siriana, che ogni autore ha adattato alle proprie esigenze.
La versione di Apuleio é sicuramente la più famosa e da tutti considerata la più bella e affascinante, ma il motivo per cui l’autore ha deciso di aggiungere nella narrazione del romanzo tale favola non è però quello dell’esaltazione dell’Amore che alla fine trionfa, o almeno non il principale.
La novella va invece inserita nel contesto generale delle Metamorfosi e interpretata attraverso il pensiero medio - platonico dell’autore e la religione mistica di Iside ed Osiride. Di questo, anche se molto sinteticamente, parleremo in questo articolo.
Ormai è accertato che quando Platone accolse nel suo pensiero la concezione magico - religiosa della psyche, in un primo momento accetta con essa anche quel dualismo puritano che faceva derivare tutti i peccati e i dolori della psiche alla contaminazione che deriva dal contatto con il corpo umano e quindi mortale.
Nel Fedone egli tradusse filosoficamente tale dottrina affermando che l’io razionale potrà recuperare la sua vera natura, divina e senza peccato, soltanto quando la morte o l’auto - disciplina l’avranno purgato dalla follia del corpo. La buona vita sta, appunto, nel praticare tale purificazione. Qualche tempo dopo e precisamente nella Repubblica, il filosofo ateniese riformula però la sua tesi. Il male morale è pensato in termini di conflitto psicologico e la citazione omerica che nel Fedone aveva illustrato il dialogo tra l’anima e le passioni del corpo diventa un dialogo tra due parti dell’anima, quella razionale e quella irrazionale. E Apuleio non fa che riprendere questa concezione filosofica. Psiche, che rappresenta l’anima umana, non è forse continuamente in conflitto tra la sua razionalità e quella diabolica delle sorelle e l’irrazionalità, il mondo incerto dell’invisibile Cupido?
Come dicevamo in premessa, la novella, come l’intero romanzo, è anche intrisa di significazioni mistiche e in particolare isiache. Già lo studioso Merkelbach (introduzione alla versione di Le Metamorfosi o l’Asino d’oro, Milano 1977) intravide l’allusione precisa ai misteri di Iside e dei suoi riti, e addirittura ipotizzò che Eros non fosse altro che l’egiziano Arpocrate, figlio di Iside, Venere Iside stessa e Psiche l’anima umana.
Anche se non volessimo prendere per buono il suo teorizzare così preciso e puntuale non possiamo fare a meno di notare la somiglianza di molti passi della favola con le cerimonie del culto isiaco.
Partiamo dal fatto più eclatante. La passione amorosa di Cupido verso Psiche sta a significare da un lato la caduta della divinità nella materia, dall’altro che la divinità aiuta l’anima a ritornare nello stato ultraterreno che gli è più confacente. Le tappe di questo ritorno iniziano con la chiamata di un oracolo che invita Psiche alle nozze con Cupido. Queste nozze vengono descritte come un atto di morte. Le nozze sante sono una componente molto importante dei riti di iniziazione. Nel rito la persona, così come era in precedenza, muore. Pertanto l’iniziazione è allo stesso tempo matrimonio e morte. Moltissimi altri esempi confermano la somiglianza. Dei riti di iniziazione fanno parte per esempio la segretezza che Cupido richiede a Psiche, la curiosità peccaminosa, la scena della lampada e la conseguente visione del Dio, il bagno nel fiume di Psiche, la ricerca dello sposo Cupido, le prove alla quale Psiche è sottoposta per salire al trono degli dei, il servirsi dell’acqua lustrale per guarire la sua ferita, il viaggio nel regno dei morti, l’incontro con Ocno, l’incontro con Proserpina, il sonno mortale dopo l’apertura del cofanetto. Infine vorrei porre particolare attenzione alla scena dei festeggiamenti delle nozze nell’Olimpo. Con l’iniziazione il miste rinasceva a una vita immortale, divina e credeva di poter contemplare da vicino gli Dei dell’inferno e del cielo. Il banchetto è quindi da paragonare alla festa che si compiva dopo che un iniziato veniva introdotto nella cerchia dei misti, anche se in questo caso non dobbiamo trascurare l’influenza della religione siriaca che Apuleio dimostra di conoscere. Un dottrina che influenzò le religioni siriache, in stretta relazione con l’astrologia Caldea, diceva appunto che l’anima dell’uomo, dopo la morte, risale in cielo e partecipa all’eternità degli Dei siderali.
Per concludere e unire in qualche modo i due capisaldi dell’articolo vorrei ricordare che Platone nel Fedone dice queste parole: E anche quei tali che istituirono i Misteri... ci hanno fatto capire che chi giunga nell’Ade senza aver partecipato ai misteri né compiuta la sua iniziazione costui giacerà nel fango, e invece chi vi giunga in tutto purificato e iniziato, egli vivrà in compagnia degli Dei.
Marco Tempestini