ALMA MATER STUDIORUM: nei secoli dei secoli
Quanti studenti deve aver visto passare nelle sue sedi la secolare Università di Bologna. Attualmente accoglie circa 90.000 studenti divisi tra i trentadue dipartimenti, e sparsi tra i vari campus: Bologna,Rimini, Forlì, Cesena e Ravenna. Giosuè Carducci, figura vanto dell’università, fa risalire la sua fondazione al 1088. Questa data non solo la erge a prima università del mondo, ma la fa svettare al primo posto in classifica per la quantità di crisi nervose da sessione avute dagli studenti. In questi due anni di pandemia, tra lezioni ed esami a distanza, i corridoi e le aule di passi, parlottii, penne e tastiere che scrivono non ne hanno sentiti molti. La vera vita universitaria si è come congelata, e forse molti di noi ci si sono abituati anche troppo in fretta. Nella speranza che il ritorno in presenza sia solo come riabbracciare un vecchio amico e non una secchiata di acqua fredda, ecco un piccolo excursus storico di questa longeva istituzione.

XI-XV SECOLO
Lo Studium di Bologna nacque in modo spontaneo grazie all’aggregazione volontaria di alcuni studenti nell’anno, scelto convenzionalmente, 1088 d.c. Tra le figure più celebri relative alle origini dell’Alma Mater spicca Irnerio, magister di arti liberali e studioso del Corpus Iuris Civilis, testo cardine per gli studi giuridici bolognesi. La scuola bolognese però non si limitò allo studio del diritto romano, ma venne affiancata nel corso degli anni, in base alla necessità e alle contingenze storiche, anche dal diritto canonico. Con l’aumento del numero di studenti si formarono varie associazioni (Nationes) e corporazioni sovraregionali (Universitates), composte da Legisti e Artisti. A partire dal XIV secolo, tuttavia, l’indipendenza degli studenti e dei docenti universitari si vide schiacciata dalla realtà comunale e da quella papalina. Questo non fermò l’espansione dello Studium che continuò ad attirare studenti e a espandersi a nuove discipline. La spinta dell’umanesimo e del nuovo fermento culturale non fece che incentivarne la crescita.
XVI-XIX SECOLO
Nella seconda metà del XVI secolo, con la chiusura del Concilio di Trento, il controllo dell’ateneo passò definitivamente sotto la Chiesa. Il Palazzo dell’Archiginnasio fu il sigillo di quel nuovo rapporto, così come l’unione di tutte le scuole in una sola sede e l’obbligo di professione di fede. La chiusura imposta dalla rigida visione controriformista portò l’università alla crisi, se non con qualche eccezione settecentesca come l’Istituto delle Scienze, che si mantenne aperta una finestra sul clima intellettualmente fervido europeo. Un nuovo slancio avvenne con Napoleone Bonaparte, che rese l’università statale e spostò la sede a Palazzo Poggi, centro culturale e artistico della città. Tuttavia, la vera svolta fu data dall’unificazione del Regno d’Italia: il neonato Paese necessitava di una storia comune e l’antica e rinomata università di Bologna doveva farne parte. Nel 1888, con la celebrazione dell’ottavo centenario, venne promosso il suo rilancio internazionale che portò al raddoppiamento degli studenti iscritti.
XX SECOLO
Il XX secolo fu di grande fermento per la realtà storica quanto per l’università. Con l’inizio del “secolo veloce” furono avviati dei progetti per l’espansione nel tessuto urbanistico, la creazione di diverse sedi e nuove riforme scolastiche. Il primo conflitto mondiale rallentò notevolmente questo progetto a causa della leva e della conseguente diminuzione di studenti e professori partiti per il fronte. I cambiamenti ripresero con il Rettore Alessandro Ghigi sotto il fascismo: i legami politici e l’imposizione agli accademici del giuramento al regime gli permisero di godere di finanziamenti che resero possibile la creazione di nuove facoltà sparse su tutto il territorio bolognese; riorganizzò la struttura dell’ateneo secondo la Riforma Gentile; e con l’emanazione delle leggi razziali furono allontanati numerosi professori e studenti. Con la caduta del regime, Bologna si vide minacciata dai bombardamenti- che distrussero molti dei palazzi storici dell’università- ed i suoi cittadini, tra cui molti universitari, si schierarono nella resistenza tra le fila partigiane. Dopo la Liberazione, nel ’45, fu fondamentale ricostruire tutto: la società, case, palazzi ect. L’università non fu da meno, ed iniziò una serie di progetti edilizi e fondazioni di nuove facoltà che incrementarono le immatricolazioni. Gli anni post conflitto, tuttavia, non placarono il malcontento studentesco che esplose nel fatidico ’68. Anno di rivolte e occupazioni, diede una svolta decisiva al mondo dell’istruzione che si aprì a un pubblico molto più ampio e meno elitario. Negli anni ‘70 e ‘80, nonostante il clima teso degli anni di piombo, l’Unibo continuò il suo progetto espansionistico e di relazioni nazionali e internazionali. Alla fine del secolo, oltre ad espandersi dentro Bologna, riuscì anche nel suo progetto di multicampus in varie città della Romagna.
La storia dell’Università di Bologna non è statica, così come non lo sono i suoi studenti. È una grande comunità che vede formare menti da nove secoli, e si spera che possa andare avanti a sfornarne per altrettanti se non di più.
Articolo a cura di: Gaia Marcone