8 settembre 1943: l’Armistizio e l’Italia libera
È un momento assai particolare e coinvolgente, anche per noi che ci troviamo qui oggi a narrarlo nella veste storica. Immaginate cosa dovessero provare gli uomini e le donne che vi parteciparono attivamente. Il 1943 è un anno di cambiamento per l’Italia belligerante. Ormai il governo Mussolini e Mussolini stesso, consci del calo di consenso, iniziano a far terra bruciata intorno a loro, relegando a minori cariche coloro che furono le colonne del Partito Fascista.

Pensiamo al genero del Duce, Galeazzo Ciano, figura prominente negli accordi con la Germania Nazista, ora semplice ambasciatore presso il vaticano. Ricordiamo, inoltre, la percezione che l’organo monarchico, impersonato da Vittorio Emanuele III, testimonia forti rimostranze verso il governo Mussolini e tenta di allontanarsene lentamente.
Una parte del Paese e degli italiani, però, organizza la rinascita, o meglio, il distaccamento completo dal governo fascista. Risale, per l’appunto, all’8 settembre 1943 l’Armistizio, firmato a Cassibile in Sicilia, tra le forze militari italiane e quelle Alleate. Viene annunciato pubblicamente in radio da Pietro Badoglio, che sarà capo del Governo fino alla metà del 1944. Passato alla storia come il Proclama Badoglio, è l’annuncio effettivo della resa italiana alle forze alleate, accettando le condizioni dell’armistizio, ovviamente. La richiesta di Badoglio alle forze americane è quella di un pronto intervento di militari paracadutisti sulla città di Roma, precedentemente all’annuncio della resa, poiché il timore era quello di una forte reazione dell’armata nazista, in particolare sulla Capitale.
Chiaramente, è proprio questo evento che dà inizio al movimento di Resistenza. Data la sua fama, non necessita di ampie spiegazioni: ha portato, assieme all’esercito anglo-americano, alla liberazione dell’Italia. Quello che voglio però qui riportare non è solo una visione positiva dell’Armistizio, dato che in ambito storico e politico molte sono le voci contrarie alla lode della resa agli Alleati.
Possiamo fare i nomi di Salvatore Satta, che nell’opera De profundis (1948) descrive l’armistizio come la “morte della patria”. Sentimenti analoghi sono quelli di Ernesto Galli della Loggia o Renzo de Felice. Tutti fanno riferimento al movimento risorgimentale, che ha nel 1943 la sua fine e con esso i sentimenti di unità nazionale e partecipazione che si erano formati. Questo anche perché, nota Galli della Loggia, il movimento di Resistenza ha creato un polimorfismo sentimentalecomposto da più e diverse anime e, inoltre, si fa riferimento anche a eventi politici come il sostegno del PCI delle rivendicazioni jugoslave in Friuli-Venezia Giulia, che è il sintomo di una spaccatura interna al sentimento nazionale.
La storia anche in questo caso ci viene incontro per insegnarci determinati fattori: quello che l’armistizio indubbiamente ha dal punto di vista politico è un risvolto favorevole alla liberazione dell’Italia. Ma quello che non possiamo tralasciare è la valutazione delle conseguenze e degli innesti, a livello idealistico nel senso più generale del termine, che ebbe sul sentimento nazionale e sul rapporto dell’Italia con Inghilterra e Stati Uniti.
Articolo a cura di: Marco Mariani